Pupi Avati ai David 2025: il cinema come atto di resistenza
Scritto da Beatrice Manocchio il Maggio 8, 2025
In una serata lunga, dispersiva e segnata da troppe assenze, il momento più vero della 70ª edizione dei David di Donatello è arrivato con Pupi Avati. Il regista bolognese, 85 anni, ha ricevuto il David alla carriera, ma ha scelto di non ringraziare in modo convenzionale: ha trasformato il palco in una tribuna di passione, ironia e critica pungente. Il suo discorso è stato un atto di resistenza, un messaggio forte per chi ancora crede che il cinema sia qualcosa di più di una vetrina luccicante per la TV.
David 2025: le parole di Pupi Avati
Con garbo, ma senza filtri, Avati ha subito lanciato una frecciata a Piera Detassis, direttrice artistica dei David, ricordando con amaro sarcasmo come sia stato ignorato per anni dalla manifestazione, e come solo ora forse complice un clima politico più affine sia stato finalmente riconosciuto. È il tipo di uscita che solo chi ha attraversato il cinema italiano per oltre mezzo secolo può permettersi: un misto di rivendicazione e amore per un mondo che oggi rischia di smarrirsi.
Il bersaglio principale, però, non è stato il passato, ma il presente: il futuro del nostro cinema. Con lucidità rara, Avati ha criticato l’iniziativa
“Cinema Revolution”, vista come un contentino, e rilanciato l’idea di un Ministero del Cinema. Non utopia, ma un’esigenza concreta: serve
un’istituzione che dia supporto vero a chi lavora lontano dai riflettori.
Nemmeno Lucia Borgonzoni è uscita indenne dal confronto. In pochi minuti, Avati ha detto ciò che in tanti pensano e pochi osano. Un pugno sul tavolo che ha svegliato la platea. Perché Pupi Avati non è solo memoria del cinema: è coscienza viva. E continua a combattere.
ARTICOLO A CURA DI PRISCILLA MOTTA